lunedì 24 novembre 2008

All'armi... siam FASCISTI?


Il blog del Segretario Nazionale Francesco Storace, a differenza di questo, viene aggiornato quotidianamente con un nuovo post del Segretario o del suo Staff... gli argomenti si succedono l'uno l'altro e si va dall'omaggio ad un avversario leale come Sandro Curzi allo spot (poi fatto sparire da quelli che l'avevano commissionato) del candidato pidiellino alla presidenza della Regione Abruzzo che "promette" posti di lavoro ad personam in cambio di voti; dalla sciagura della scuola di Rivoli (una banale "fastalità" per l'uomo che fa cucù al Cancelliere tedesco) alla telenovela della Presidenza della Commissione di vigilanza della RAI.
I "bloggeristi" (altra differenza con questo blog) volonterosamente intervengono e si confrontano sull'argomento proposto, spesso contribuendo con considerazioni innovative ed originali... ma va detto che questo genere d'interventi di solito non occupa che il 10 - 20 % delle "contribuzioni".
L'argomento che più "tira", sopratutto quando il Segretario non è "in linea" perché impegnato in campagna elettorale, è infatti un altro... ovvero il Fascismo. Perché sebbene lo stesso Storace abbia chiarito in modo inequivocabile che la Destra NON è antifascista (e anche che NON è liberaldemocratica), gran parte dei bloggeristi vorrebbe sentirsi dire ciò che La Destra E'... e alcuni di essi non vedono l'ora che il Segretario dica che La Destra E' fascista.
Ma così non è.
La Destra NON E' FASCISTA, io credo, sebbene a differenza della defungente Aenne del Fascismo non rinneghi l'eredità culturale, politica ed ideale (senza ovviamente parlare di quella "sentimentale") perché:
1) Il Fascismo è un fenomeno politico che è nato, si è sviluppato ed è finito nella prima metà del secolo scorso. Non è ovviamente pensabile di riproporlo in un contesto storico e politico totalmente diverso. Ciò che di ancora politicamente valido ed attuale vi è nella variegata (e mutevole) produzione intellettuale che si sviluppò durante il Ventennio fa sicuramente parte del bagaglio culturale de La Destra, ma certo ciò non basta a farne un movimento fascista. Né "A-fascista"... si potrà semmai parlare di "post-fascismo" o di "neo-fascismo" analizzando gli spunti forniti da questo o da quell'altro militante. Ma di Fascismo no.
2) Ciò che La Destra vuol essere, a mio avviso, è "la casa comune" di tutti gli Italiani che ancora non rinunciano a volere, per la loro Patria, un ruolo da protagonista della storia propria e del mondo. Tra questi sicuramente vi sono dei fascisti o perlomeno persone che tali si ritengono - il Fascismo fu un fenomeno sicuramente "dinamico" e, fin dalla creazione dei "Fasci di combattimento" per stessa ammissione del suo fondatore, assolutamente pragmatico: "Noi ci permettiamo di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente"(*) per cui sarebbe forse più corretto da parte di costoro specificare a quale "periodo", se non a quale specifica data, essi riferiscano il loro "fascismo" - ma vi sono (come è giusto e naturale che vi siano) anche persone che fascisti non sono, non si sentono e non intendono sentirsi.
Siano essi nazional-conservatori o social-identitari, cattolici tradizionalisti o imperialisti pagani, credenti o liberi pensatori, cristiani o israeliti, buddisti o mussulmani, bianchi o neri, eterosessuali o omosessuali, scapoli o ammogliati... per non dir massoni, dato il momento storico è indispensabile che chiunque abbia a cuore le sorti della nostra Patria e del nostro Popolo e sia pronto e disposto a "prendere le armi e scendere in trincea" (per ora solo in senso figurato... domani chissà) senta che La Destra costituisce appunto quel baluardo, quell'ultima estrema difesa della nostra Cultura e della nostra Gente dall'aggressione duplice del mercantilismo liberale e globalista e dell'invasione in atto da parte di popoli stranieri fermamente intenzionati a vendicare sull'Europa e sull'Italia la loro propria arretratezza e conseguente mancanza di autostima.
Per farla breve, se mi chiede qualcuno se La Destra sia fascista non posso che rispondere NO.
Se il medesimo mi chiede se fascista sono io, risponderò ancora di no... sentendomi al massimo ciò che i "duri e puri" nostrali chiamano spregiativamente un "bricofascio", cioè uno di quelli che pur dando dell'esperienza fascista una valutazione complessivamente positiva e rivendicandone orgogliosamente gli ideali, non intendono darne una interpretazione acriticamente osannante.
Detto ciò, il 28 ottobre lo festeggio.

Giovanni Bacci di Capaci


(*) ... e ancora, un piccolo florilegio di citazioni mussoliniane relative alla difficile definizione del Fascismo... per chi volesse approfondire suggerisco anche di dare un'occhiata ai seguenti link http://litgloss.buffalo.edu/mussolini/text.shtml, http://zappedia.com/dettagli/Fascismo , http://www.ilduce.net/testamento.htm:
"E' un po' difficile definire i fascisti. Essi non sono repubblicani, socialisti, democratici, conservatori, nazionalisti. Essi rappresentano una sintesi di tutte le negazioni e di tutte le affermazioni. Nei fasci si danno convegno spontaneamente tutti coloro che soffrono il disagio delle vecchie categorie, delle vecchie mentalità. Il fascismo mentre rinnega tutti i partiti, li completa. Nel fascismo che non ha statuti, che non ha programmi trascendenti, c'è quel di più di libertà e di autonomia che manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e tesserate.
[La prima adunata fascista (Il Popolo d'Italia - 6 ottobre 1919)]
",
"Ho orrore dei dogmi. Non potrebbe esservi un dogma nel Partito fascista. Per il bene della Patria vi sono solo necessità che possono essere assolte oggi, ma che possono essere relative domani.
[Dichiarazioni all'inviato dell'Excelsior (Roma: 22 aprile 1923)]
",
"Il programma fascista non è una teoria di dogmi sui quali non è più tollerata discussione alcuna. Il nostro programma è in elaborazione e trasformazione continua; è sottoposto ad un travaglio di revisione incessante, unico mezzo per farne una cosa viva, non un rudere morto.
[Prefazione al programma (Il Popolo d'Italia - 28 dicembre 1921)]
",
"Il fascismo è un metodo, non un fine: una autocrazia sulla via della democrazia.
[Dall'intervista concessa all'inviato del Sunday Pictorial di Londra (Roma: 12 novembre 1926)]
",
"E' semplicemente assurdo lo squadrismo fatto in ritardo. I fascisti devono essere tempisti. Io non posso soffrire fisicamente coloro che sono ammalati di nostalgia, che ad ogni minuto traggono dai loro petti sospiri e respiri profondi: "come erano belli quei tempi!". Tutto ciò è semplicemente idiota. La vita passa, e continuamente si ha di fronte la realtà vivente.
[Alla Camera dei Deputati (26 maggio 1927)]"


domenica 16 novembre 2008

Weekend nero provincia rossa morti bianche


Un Italiano alla Solvay, un Albanese all'Interporto... poi dicono che non c'è integrazione...

IL LAVORO DEVE ESSERE FONTE DI GIOIA E DI PROSPERITA' NON DI ANGOSCIA E DI LUTTO

LA DESTRA porge alle famiglie dei Caduti sul fronte del lavoro le sue rispettose condoglianze.

giovedì 13 novembre 2008

La polemica: grembiulino sì, grembiulino no...


è buffo... noi "di destra" ci accapigliamo spesso tra noi per questioni che riteniamo di fondo e poi ci sentiamo in colpa quando veniamo rimproverati per non seguire con la dovuta attenzione le questioni "più urgenti".
Un esempio? è accaduto durante il Congresso che l'argomento che più ha suscitato animate discussioni tra i delegati fosse quello della compatibilità tra l'iscrizione a La Destra e l'adesione a logge massoniche. In sede di dibattito sullo Statuto sono stati infatti presentati ben due emendamenti tesi a sancire l'incompatibilità tra le due cose, poi non andati in votazione ma demandati alla Commissione Etica presieduta da Antonio Rastrelli per evitare spaccature che sarebbero risultate lesive dell'unità del Movimento.
Segno che, se è vero che l'argomento NON interessa granché il Popolo Italiano, certo è che interessa - e MOLTO - il "Popolo della destra".
Io non ho dubbi che la Commissione, guidata da un galantuomo come Rastrelli, saprà dare una risposta equilibrata e ponderata però ho dubbi sul come questa risposta, quale che essa sia, verrà accolta. Ovvero potrebbe verificarsi che la "spaccatura", giustamente e faticosamente scongiurata durante il Congresso per evitare una pubblicità negativa, si manifesti dopo il verdetto della Commissione.
A questo punto devo dire come la penso io, anche perché ho preso parte al dibattito e non ho mancato di dire - goffamente - la mia.
Premetto di aver sempre nutrito dubbi sulla massoneria, un po' perché non la conosco e che ciò che se ne dice in giro non me la rendeva simpatica, un po' perché se ammettevo potesse avere un senso fino al 19esimo secolo - quando cioè la Chiesa ancora svolgeva un ruolo politico internazionale di grande rilevanza - non ne vedevo l'utilità ai nostri giorni. E poi, detto fra noi, mi sembravano un po' ridicoli, con quella storia del grembiulino e del piede scalzo. Per non dire che l'AGDGADU che compare sui necrologi dei "fratelli" mi fa sempre pensare allo "YABADABADU" di Fred de "Gli antenati"...
I miei dubbi hanno iniziato a vacillare (un tempo erano le certezze a vacillare, eh eh eh) quando ho avuto modo di conoscere persone estremamente vicine alle mie idee e al mio modo di vedere che si sono rivelare essere adepti di non so più quale Loggia e poiché ritengo che le persone siano in linea di massima più importanti delle idee che professano (il detto "il peggiore dei nostri è meglio del migliore dei loro" è solo una massima consolatoria per i "peggiori dei nostri") in sede di Congresso ho "difeso" i "grembiulini".
Tanto più che nel caso specifico, queste persone sono assolutamente "di destra"... e non di destra "liberale", bessì di quella destra sociale, identitaria e nazionale che è la "mia" destra.
Paradossalmente tra quanti invece sostenevano gli emendamenti vi sono persone che ambiscono (del tutto legittimamente... anzi direi AMMIREVOLMENTE) a costituire una élite nell'ambito de La Destra e che rinfacciano alla Massoneria di essere élitaria.
Un po' come i nazionalsocialisti che rimproveravano agli ebrei di ritenersi il popolo eletto e che riservavano questo ruolo a se' stessi... come dire che a volte "chi si somiglia si piglia... a cazzotti".
Questo post, del tutto inutile e forse anche dannoso, è prevalentemente inteso ad accogliere opinioni e suggerimenti... e anche a farmi capire se questo blog viene letto o meno, eh eh eh....

Attendo vostre riposte
Giovanni Bacci di Capaci

12 novembre 2003: Nassirya




Tenente Massimiliano FICUCIELLO

Luogotenente Enzo FREGOSI

Aiutante Giovanni CAVALLARO

Aiutante Alfonso TRINCONE

Maresciallo Capo Alfio RAGAZZI

Maresciallo Capo Massimiliano BRUNO

Maresciallo Daniele GHIONE

Maresciallo Filippo MERLINO

Maresciallo Silvio OLLA

Vice Brigadiere Giuseppe COLETTA

Vice Brigadiere Ivan GHITTI

Appuntato Domenico INTRAVAIA

Carabiniere Scelto Horatio MAIORANA

Carabiniere Scelto Andrea FILIPPA

Caporal Maggiore Emanuele FERRARO

Caporale Alessandro CARRISI

Caporale Pietro PETRUCCI

Dottor Stefano ROLLA

Signor Marco BECI

martedì 11 novembre 2008

Al Congresso come a Scuola...


Ora sono ancora troppo "cotto" per un post serio... troppo da dire e troppo alto il rischio di dimenticare qualcuno di quei momenti eletrizzanti ed entusiasmanti trascorsi ascoltando Storace, Buontempo, Staiti di Cuddia, Abbatangelo, Arrighi, Tilgher... eccetera eccetera...
E quell'atmosfera esaltante e densa di ricordi dei rari momenti di pausa, trascorsi chiaccherando con amici che non avevi mai visto prima e sconosciuti camerati venuti da ogni parte d'Italia.
...Con qualche reminiscenza scolastica... la mensa, una lunghissima discussione sui grembiulini, qualche "cartellata" all'uscita di scuola e l'ansia di tanti per i risultati degli scrutini...
A presto per qualche impressione meno futile... e perdonate questo post all'insegna dello slogan:

NE' JACHETTI NE' GREGGIO
MA LIBERO CAZZEGGIO


Giovanni Bacci di Capaci

giovedì 6 novembre 2008

5 - 6 novembre 1953: a Trieste si versa sangue Italiano






I ragazzi del '53

Cinquant'anni fa Trieste visse un autunno intriso di speranza ma colorato di sangue. Si era agli ultimi momenti del governo militare alleato, il ritorno dell'Italia a Trieste sembrava cosa fatta, ma fra il 4 e il 6 novembre del 1953, la piazza si animò e, da una situazione di dissidio che, probabilmente, poteva essere controllata, si giunse allo scontro. Sei triestini: Addobbati, Paglia, Montano, Zavadil, Manzi e Bassa, persero la vita. Numerosi furono i feriti. Qualcuno venne arrestato. Altri, per evitare che ciò accadesse, furono allontanati dalla città proprio grazie al pronto intervento della Lega Nazionale.
Si era al culmine di un decennio tremendo e tremendo fu quel novembre di cinquant'anni fa.

In occasione del Cinquantenario del ritorno di Trieste all'Italia il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha insignito della Medaglia d'Oro al Valore Civile i 6 triestini che hanno dato la vita per la patria in quei giorni del '53.

Dal sito: Lega Nazionale di Trieste


martedì 4 novembre 2008

La nuova strategia della tensione


(un nuovo filmato sull'aggressione a Piazza Navona)

Forse per distrarre dalla crisi economica; ora siamo alle liste di proscrizione in diretta tv che danno carta bianca all'assassinio.

Vogliono il morto! Che a volerlo siano i “rivoluzionari” frustrati dalla perdita di ogni consenso e addestrati dai loro seminari politici all'eliminazione degli avversari è quasi normale. Non è normale, non è usuale, non è ammissibile, non accadeva neppure negli Anni Settanta, quello che alcuni fiancheggiatori, protettori e complici dei frustrati dei Centri Sociali e di Rifondazione stanno oggi facendo.
Non è accettabile che escano articoli compiacenti con i facinorosi, gli aggressori, i mazzieri stipendiati dai partiti, che alcune testate nazionali (Corriere della sera, Repubblica) hanno pubblicato. Non è immaginabile che si lascino esporre all'università liste di proscrizione con nomi e foto degli obiettivi da colpire, com'è accaduto lunedì mattina. E questo all'indomani di una prima serie di aggressioni commesse in Italia condite dall'improvviso apparire di attentati vari su obiettivi diversi. Uno scenario fosco che si ripete. Permettere tutto questo significa, esattamente come trentacinque anni fa, alimentare la spirale anziché interromperla.
Non è perdonabile che, trentacinque anni dopo, per un calcolo politicante da quattro soldi, ci sia chi, come Di Pietro, ripercorre la strada di Giacomo Mancini ammiccando a quelli che “uccidere un fascista non è reato”. Mancini se ne pentì, ma era troppo tardi. Di Pietro magari se ne pentirà anche lui ma già adesso non ha scuse perché egli ha davanti agli occhi il precedente del sangue che scorse a fiumi a causa della copertura politica al nascente terrorismo che il dirigente socialista di allora, come l'idv di oggi, non aveva saputo - o voluto - vedere. Gravissimo; ma paradossalmente nella gravità siamo già andati oltre.
Alla Rai nella serata di ieri è stato mandato in onda un filmato forse fornito proprio dal Blocco Studentesco e sono stati incredibilmente fissati dei fermo-immagine su studenti del Blocco Studentesco con la richiesta: “Sapete chi sono? Come si chiamano? Dove abitano?”. Poiché il Blocco che non ha niente da nascondere ha fornito molti filmati ai media, e poiché i volti e i nomi di ragazzi che fanno politica e chiedono regolari permessi sono noti alla polizia, quest'appello non può avere altro effetto se non quello di scaldare gli animi di chi già viene aizzato sul terreno incosciente dell'antifascismo militante dalla segreteria di un partito che non ha più alcun argomento politico e non avrà altra conseguenza se non quella di far capire a chi partecipa alla caccia all'uomo che gode di una copertura articolata e diffusa.
Se non li si ferma subito non tarderanno ad assassinare! Certo, come primo atto sarà denunciato legalmente chi usa la televisione come uno strumento personale e mette a rischio l'incolumità degli studenti, ma non basta. Urge una presa di posizione ferma da parte dei giornalisti e sono indispensabili le interrogazioni parlamentari.
Trentacinque anni fa si preferì lasciar divampare l'incendio ma stavolta, per fortuna, non ci sono solo piromani. Ma un pompiere che dorme diventa incendiario a sua volta. Non si sottovaluti il pericolo e non si frappongano indugi! Neutralizziamo i mandanti e facciamolo subito!

Fonte : Noreporter.org


4 novembre 1918... finalmente la Vittoria (poi mutilata dai nostri democratici Alleati)

domenica 2 novembre 2008

3 novembre 1973: assassinato Emanuele Zilli


Anche una tranquilla città di provincia come Pavia può avere i suoi morti, e può persino dimenticarseli. È, più o meno, ciò che è avvenuto per la vicenda di Emanuele Zilli, 25 anni, originario di Fano Adriano (Teramo), ma abitante a Pavia già dai primi anni settanta. Esponente e attivista del Movimento Sociale Italiano, era stato anche candidato alle elezioni comunali. Il suo impegno politico si esplicava infine come rappresentante CISNAL.
Cronologicamente la vicenda si sviluppa nei primi anni settanta. Nel 1972 l'MSI raggiunge nelle elezioni politiche il suo massimo storico: 8,7% alla Camera, 9,2% al Senato. Ora si chiama MSI – Destra Nazionale, perché grazie alla segreteria Almirante il Movimento Sociale coagula altre forze, quali il PDIUM, con cui erano stati riscontrati punti di convergenza politica. È proprio da questo anno che la sinistra, preoccupata del successo elettorale dei neofascisti, corre ai ripari. Sia dal punto di vista sociale che da quello, per usare un eufemismo, di azione politica. L'atmosfera di odio che si respira in quel periodo è alimentata dalle campagne giornalistiche ed intellettuali, tutte indirizzate verso l'antifascismo. Tollerate e condivise dalla stragrande maggioranza dell'intellighenzia italiana, le azioni antifasciste trovano consenzienti scrittori, registi, attori, professori universitari, studenti. Tutti schierati con il "bene" (la battaglia comunista ispirata ai principi marxisti–leninisti) nella lotta contro il male. Al governo, un monocolore democristiano guidato da Giulio Andreotti. La DC darà enfasi alla "strategia degli opposti estremismi" in cui più destra e sinistra vengono identificati dall'opinione pubblica come entità sovversive e destabilizzatrici, più l'immagine di un centro moderato (quindi la Democrazia Cristiana) potrà risultare forzatamente l'unico soggetto per assicurare al Paese la stabilità e la serenità negli anni a venire.
I primi disordini di una certa entità a Pavia hanno luogo proprio durante la campagna elettorale dell'MSI nel 1972, con il comizio di Franco Servello nella città. A seguito dei tafferugli, 12 arresti. A sinistra i gruppi più attivi erano quelli di Lotta Continua e i marxisti-comunisti. Il clima politico di quegli anni a Pavia era certamente molto diverso da oggi. Teatro di episodi di guerriglia urbana la città intera, ma in particolare Piazza Grande (oggi Piazza della Vittoria) in cui aveva sede l'MSI, e "punto di ritrovo degli estremisti di sinistra". Ma trasferire la Sede dell'MSI da Piazza Grande in altro punto della città non avrebbe cambiato molto. Sosteneva l'allora consigliere MSI C. Zanotti: "Il fatto di avere la sede in Piazza Grande non vuol dire nulla. Anche se fosse trasferita in periferia, verrebbero a provocare, a fare attentati: lo si è visto in corso Mazzini, contro la sede CISNAL". Per la cronaca, nel 1972 la famiglia del consigliere MSI subì due attentati, il prof. Zanotti molteplici aggressioni. Il prefetto di allora , dott. Benigni, riceve continue delegazioni di cittadini e commercianti preoccupati dell'evolversi della situazione.

Emanuele Zilli era un militante di quelli che non si tiravano indietro, in anni di scontri anche molto duri. Aggredito una prima volta, nel 1972, in piazza Castello insieme ad un amico, qualche settimana dopo, il 5 Dicembre 1972, stava per subire la stessa sorte. Teatro dell'aggressione è Piazza della Vittoria, all'angolo con Corso Cavour, verso le 13:45. Era insieme ad altri due iscritti, uno dei quali, Marco Noè, reagì sparando un colpo di pistola che ferì uno degli aggressori, Carlo Leva. Naturalmente questo episodio ebbe grande risonanza ed Emanuele passò non pochi guai. Infatti, poche ore dopo, lo stesso giorno alle ore 17:30 fu "prelevato" da un branco di comunisti mentre si trovava di fronte alla sede dell'MSI e selvaggiamente percosso. Testimoni citarono un "gruppo di trenta persone accanirsi contro un singolo". Ricoverato in ospedale in gravi condizioni fu però dimesso quasi subito, ancora sofferente, per consentire alla polizia non di proteggerlo, bensì di arrestarlo per l'episodio precedente. Due medici del Policlinico del reparto neurochirurgia-ortopedia, furono denunciati per la loro prognosi a dir poco "sospetta". Sarebbe del tutto inutile specificare che Zilli fu poi riconosciuto completamente innocente, ma ormai il suo destino era segnato. Il suo indirizzo di casa, perennemente sui giornali in modo che fosse "raggiungibile" da chiunque. Emanuele era sposato e padre di due bambine che, nel novembre 1973, avevano appena due e un anno: era un operaio che, per mantenere la sua famiglia, lavorava duramente presso uno spedizioniere di Pavia, la ditta Bertani, e fu all'uscita dal lavoro che trovò ad aspettarlo la morte.

Così "La Provincia Pavese" di quei giorni ricostruisce i fatti:
"ESTREMISTA DI DESTRA DECEDE DOPO MISTERIOSO INCIDENTE
Sembra che venerdì sera egli fosse uscito dal lavoro e, verso le 18 e 30, stesse facendo ritorno a casa in sella al proprio motorino percorrendo una traversa di via dei Mille. Qui è stato rinvenuto, poco dopo le 18 e 30, esanime a terra accanto al proprio motorino. Il corpo dello Zilli giaceva sulla sinistra della carreggiata. Prontamente soccorso, il giovane veniva trasportato al Policlinico. In un primo tempo si faceva l'ipotesi più ovvia, quella dell'incidente stradale: lo Zilli sarebbe sbandato sulla propria sinistra, andando a sbattere contro un'auto o finendo a terra per un malore. Ma alcune circostanze inducono ad una maggiore cautela: lo Zilli aveva un occhio pesto, come se fosse stato picchiato; sul collo presentava un profondo graffio; ed il suo corpo era stato trovato in una posizione "strana" rispetto al motorino."
"Il luogo era completamente deserto" - aggiunge il quotidiano in un altro resoconto - "non c'erano macchine intorno contro cui Zilli potesse aver urtato cadendo. Né segni di uno scontro". Articoli successivi sulla vicenda ribadivano come tutta la dinamica continuasse a rimanere avvolta nel mistero. Titolava infatti "La Provincia Pavese" del 7 Novembre 1973: "SEMPRE OSCURA LA MORTE DEL GIOVANE ESTREMISTA - Davvero vittima di un incidente Emanuele Zilli?" Una domanda che, come leggerete, non ha mai trovato risposta.

Tre giorni durò l'agonia di Emanuele, che si spense, senza mai riprendere conoscenza, all'alba di lunedì 5 novembre 1973. Sulla sua vicenda non è mai stata fatta luce, non si sono cercati testimoni, non si è vagliato l'alibi dei più feroci estremisti di sinistra che avevano giurato a Zilli "sei il primo della lista".
Una perizia medico-legale redatta dal professor Pierucci e dalla dottoressa Fiore lasciava sorprendentemente aperte tutte le ipotesi, quindi anche quella dell'incidente. L'esito venne depositato presso il sostituto Procuratore della Repubblica dottor Gualtiero Majani, appartenente alla corrente di "Magistratura Democratica". La perizia riportava frasi che lasciarono molti perplessi: "Si può riconoscere l'esistenza nello Zilli di un complesso lesivo cranico a tipo diffuso, più caratteristico - anche se non rigorosamente specifico - di una violenza applicata secondo un'ampia superficie o per urto di questa contro il capo o per impatto del capo contro tale superficie". Insomma, tutto e il contrario di tutto poteva essere successo ad Emanuele. Venne però escluso il malore: "Può escludersi l'esistenza nello Zilli di alterazioni anatomiche giustificative di un improvviso malore". Ma successivamente: "Esula dai limiti di un accertamento medico-legale la precisazione delle cause della caduta". E ancora, questa volta parole tratte dalla perizia dell'incidente redatta dalle autorità competenti: "Non sono stati risolti tutti i dubbi circa le cause vere e proprie della caduta dello Zilli dal ciclomotore". Citazioni da far impallidire Ponzio Pilato.

Ma chi si recasse oggi in Via F.lli Scapolla, a Pavia, una viuzza stretta parallela di Via dei Mille, di traffico praticamente inesistente e in cui è difficile acquistare velocità, si renderebbe subito conto dell'enorme falsità costruita intorno al decesso di Zilli. Insomma, fu accertato che il suo ciclomotore Malaguti di 50cc avrebbe potuto al massimo viaggiare alla velocità di 20-30 km/ora, al momento dell'incidente. Addirittura si era acceso solo da alcuni istanti, visto che Zilli fu visto pedalare parecchio prima di poter avviare il suo mezzo. Fu visto pedalare, non fu visto cadere. Zilli cadde all'altezza di un palazzo abitato, nella parte opposta al suo senso di marcia. Cioè è verosimile pensare che mentre Zilli procedeva ad andatura modesta, dalla parte destra gli piombarono alle spalle almeno un paio di aggressori, che lo colpirono almeno un paio di volte al capo forse cercando di disarcionarlo dal motorino facendogli una "cravatta", ossia passandogli un braccio attorno al collo. Ciò avrebbe giustificato il taglio sotto al mento, causato da un orologio, dalla fibbia al polso di un eskimo, o da un'unghiata. Zilli, supponiamo, cercò di sottrarsi agli aggressori sbandando sulla sinistra, ma venne nuovamente colpito e stramazzò al suolo. Che la sua caduta avvenne con un dinamismo ridotto al minimo stava a dimostrarlo, tra l'altro, il fatto che sulla traiettoria compiuta da Zilli e dal motorino c'era una Fiat 500, ma né l'uno né l'altro, come accennato precedentemente, la colpì, fermandosi a poche spanne di distanza. Non è da escludere l'esistenza di un appoggio da parte di una persona abitante nella strada, o di qualcuno che preventivamente abbia studiato una via di fuga. Ciò per garantirsi una via di fuga dopo l'aggressione, passando da qualche portone collegato con Via dei Mille (parallela), attraverso un cortile o un altro passaggio. Improbabile invece che gli assassini si siano allontanati attraverso i campi che si aprono sul fondo della strada (il capo della via da dove Zilli proveniva) poiché, in tal caso, a parte la difficile agibilità del tragitto, potevano essere riconosciuti da qualche collega di lavoro della ditta Bertani (oggi la Bertani non c'è più: vi è un'altra attività, ma l'edificio è rimasto pressoché tale, con ingresso principale e finestre sulla via). Ma nessuno vide l'accaduto, né sentì nulla.

La tranquilla Pavia ha preferito dimenticare, magari facendo finta di credere alla tesi dell'incidente. Così che di Emanale rimasero solo: un duro comunicato dell'MSI, che chiede inutilmente "Giustizia"; il pianto sconsolato della giovane moglie di 21 anni; e quelle due bambine che non hanno praticamente mai conosciuto loro padre. Concluse amaramente su "Candido" del 31 Gennaio 1974, una volta acquisito l'esito della perizia necroscopica, il legale della famiglia, l'avvocato C. Dell'Acqua: "Emanuele Zilli fu vittima di numerose aggressioni sul lavoro, sulle piazze, nella sua stessa dimora. Oggi è il simbolo di una categoria di persone che una corrotta società, per fortuna ormai alle corde, ha relegato tra i nemici del vivere civile. È la vittima dello svilimento che questa società ha operato sulle qualità nobili dell'individuo: l'amore di Patria e di Giustizia. Nella morte di Zilli c'è l'infamia della pavidità e della vigliaccheria. La morte fu solo l'epilogo: le cause immediate sono poca cosa di fronte a quelle mediate che hanno fatto della sua vita un calvario. Non dobbiamo recriminare né contro gli inquirenti, né contro i direttori preposti all'accertamento della verità. La nostra è l'epoca dei Ponzio Pilato, degli amorfi, degli invertebrati, quando non si tratta di nemici proditori, assoldati e vili".

Emanuele, il più coraggioso e generoso. Si espose nonostante tutte le continue aggressioni subite, le minacce, la necessità di cambiare lavoro per le difficoltà a lui create poiché militante dell'allora MSI. A chi faceva comodo sostenere la tesi dell'incidente? Pensiamo ad alcuni apparati delle istituzioni, che fecero presumibilmente pressione per giungere all'esito sopradescritto ed evitare così che Pavia diventasse una piazza-simbolo del martirio di destra. Una città inopportunamente vicina a Milano, e che comunque si desiderava rientrasse nel suo ruolo di "città di provincia". Ma fondamentalmente accadde per il "caso Zilli" ciò che si verificò in altre parti d'Italia in quegli anni, per episodi analoghi. Basta rileggere le storie di Giaquinto, Ramelli, Di Nella, per rassegnarsi ad una verità raggiunta tardivamente, in maniera parziale, o mai recuperata. Insomma, tutto secondo copione, riassunto in poche parole da brivido: "uccidere un fascista non è reato". A distanza di 30 anni pare difficile oramai arrivare alla verità. Parafrasando Pier Paolo Pasolini, ognuno di noi potrebbe dire: "lo so, ma non ho le prove". Ciò per l'assenza di uno sviluppo giudiziario. Impensabile una spontanea ammissione di responsabilità da parte di chi partecipò in prima persona al delitto, o di chi, non meno colpevole, favorì una pronta archiviazione del caso. Siano stati questi fiancheggiatori uomini delle istituzioni, periti, semplici testimoni. Per tutti non resta che attendere la giustizia divina, in assenza di quella umana. Ma che per costoro arrivi in fretta, però.
Emanuele, sei stato e sarai sempre per noi un esempio!

Testi e ricerche di Stefano Vaglio Laurin. Tra le numerose fonti utilizzate, si ringraziano Guido Giraudo ("Sergio Ramelli - Una storia che fa ancora paura", Ed. Barbarossa) e Leo Siegel (edizioni di "Candido").

sabato 1 novembre 2008

Quantum mutatus ab illo...


Alemanno : "Il partito andava consultato, AN non è antifascista" (tranquilli... è solo un articolo di ben 5 anni fa...)

ROMA Gianni Alemanno chiede a Fini di convocare l’assemblea nazionale di An per superare gli equivoci che sono sorti negli ultimi tempi e per prepararsi ai futuri appuntamenti. Non solo. Alla fine della settimana andrà per la prima volta in Israele come presidente dei ministri dell’Agricoltura europei. E in quell’occasione toccherà anche a lui dare un giudizio sul fascismo.
Partiamo dunque da Israele, ministro Alemanno, cosa dirà agli ebrei?
«Condannerò senza reticenze le responsabilità che il fascismo ebbe nella persecuzione e nella deportazione degli ebrei. So bene che purtroppo nel 1943 nel ghetto di Roma i fascisti collaborarono con i nazisti, ma, nel contempo, queste condanne non possono equivalere a una demonizzazione assoluta di tutti gli aspetti del fascismo e soprattutto di tutti coloro che parteciparono a questo movimento. D’altra parte, l’antisemitismo e, in generale, la mancanza di rispetto per l’altro da sè sono problemi che riguardano tutti i totalitarismi di destra e di sinistra. Andrò però anche in Palestina e, a differenza di Fini, non mi esprimerò a favore della costruzione del muro di separazione nei territori occupati. In questo, ha ragione il Pontefice, quando dice che in quella zona c’è più bisogno di ponti che di muri.»
Ma veniamo alla condanna delle responsabilità del fascismo e di Salò del vicepremier. Cosa non l’ha convinta?
« E’ emersa un’immagine troppo unilaterale. Il fascismo non fu solo le leggi razziali e non può essere definito ”il male assoluto”, nè tantomeno An può apparire come un partito antifascista. Se ci fosse stato un confronto precedente nel partito, già in fibrillazione dopo la proposta di far votare gli immigrati, che condivido in pieno, avremmo forse evitato inutili equivoci, che rischiano di farci smarrire il vero obbiettivo che si deve porre An».
Che sarebbe?
«Fare un bilancio di quanto la destra è riuscita a incidere nel programma di governo e dare un nuovo slancio alla coalizione e ad An. Per questo, nell’assemblea nazionale dovremo discutere a fondo la strategia e la linea evolutiva del partito».
Quando parla di linea evolutiva, si riferisce agli ”strappi” di Fini, peraltro chiariti nella lettera agli iscritti?
«La lettera chiarisce che lo strappo è stato consumato a Fiuggi senza trasformare An in un partito antifascista. Piuttosto, abbiamo voluto superare la dicotomia fascismo-antifascismo, condannando in entrambi le parti inaccettabili. Nel primo, ad esempio, le responsabilità di quel regime sulle leggi razziali e le deportazioni. Nel secondo, la componente comunista e stalinista. Comunque, quando ho letto le dichiarazioni di Fini in Israele ho pensato che fossero state molto semplificate dalla stampa».
Tuttavia, ministro Alemanno, ha sentito il bisogno di convocare la sua corrente. Che decisioni avete preso?
«Abbiamo discusso del rischio che la base percepisca queste uscite solitarie del leader come una presa di distanza da An e come un passo verso la lista unica, o addirittura il partito unico del centrodestra».
Cosa che lei non condivide..
«Non condivido il partito unico e, in ogni caso, oggi la priorità è il chiarimento all’interno del partito e della coalizione. Dovremo innanzitutto parlare del programma, di pensioni e dello sviluppo di questo Paese, che rischia di perdere la sua competitività nel mercato globale».
Ministro, lei ha detto di temere il distacco di Fini dal partito. Intanto la Mussolini se ne è andata e Storace si prepara alla fronda interna. Lei si sente deluso?
«Mi dispiace, ma credo che il distacco della Mussolini sia dovuto più a questioni caratteriali, che altro. Quanto a Francesco, voglio dialogare con lui per capire qual è il suo progetto. A Fini invece chiedo di venire all’assemblea nazionale con un documento scritto e di aprirsi al massimo confronto. Può darsi che il travaglio che stiamo attraversando si riveli una scossa salutare che risveglia il partito purchè An, già disorientata da un certo scollamento tra la politica di governo e la base, ritrovi in pieno la capacità di esprimersi e si rinsaldi il rapporto tra il partito e il suo leader».

il Messaggero 01.12.2003

NON HO TRADITO (non nobis domine)